Edoardo Malagoli:
l'isola e il professore

di Giuseppe Mazzella

"Se ho dei rimpianti? I rimpianti sono di chi ha ambizioni.
Debbo dichiararmi un uomo privo di ambizioni che non siano quelle della fedeltà a se stesso".

Giuseppe Mazzella, cerimonia conclusiva 2001Sta forse in questa risposta la "chiave di lettura" dell'Uomo Edoardo Malagoli, professore di italiano e latino per tre generazioni di studenti al liceo classico di Ischia dal 1935 al 1976, storico e filosofo formatosi a quella irripetibile scuola storicistica di Don Benedetto Croce, "il sacro nome meridionale", come direbbe Auden, che Edoardo Malagoli ha amato di più fra tutti i suoi "maggiori", fra i quali Adolfo Omodeo e Fausto Nicolini.
Fu proprio la passione per il Mezzogiorno e la sua cultura "che veniva vista con sufficienza al Nord" che lo fece approdare, appena superata la trentina, a Napoli dove frequentava il Palazzo Filomarino, la casa di Croce, che era stata precedentemente il luogo di insegnamento di Vico e Croce ne aveva fatto la sua casa "quasi a significare una continuità ideale non solo di pensiero ma perfino di luogo tra il Maestro ed il grande allievo".
"Fu così che nel 1955 decisi di stabilirmi definitivamente nel Mezzogiorno d'Italia - mi spiega all'inizio del nostro incontro - e poiché ho sempre amato il mare scelsi Ischia per la sua bellezza che allora era straordinaria".
Il nostro incontro avviene in una piovosa sera di marzo (1987) nella sua casa situata a Forio in località "Spadara" e la casa, dove vive dal 1962 con la seconda moglie Zamira, maestra di danza, ed il cane "Delfi", uno Schnauzer, si chiama proprio come la località, "La Spadara", quasi a testimoniare un estremo rispetto per tutto quello che è tradizione locale.
E' una casa di 160 metri quadrati ad un sol piano. "Pensi che il progetto redatto negli anni '60 dall'arch. Cesare Longo prevedeva due piani per i quali esistevano tutte le autorizzazioni ma preferii - sottolinea - realizzare un sol piano sperando di dare il "buon esempio" in modo che anche gli altri che avrebbero costruito in seguito conservassero il rispetto per il paesaggio, essendo anche presidente della sezione isolana di "Italia Nostra" ma, a giudicare dall'invasione del cemento che è sopraggiunto, l'esempio non è servito".
C'è una campagna coltivata di circa 1800 mq. dove Edoardo e Zamira coltivano di tutto ma soprattutto piante esotiche come il rabarbaro e producono con le ortiche perfino un elisir.
Eppoi c'è il "cantiere" dove Edoardo Malagoli si costruisce le sue barche a vela. Fino ad oggi ne ha costruite dieci. Tutte di piccole dimensioni, al massimo sei metri, "perché il mezzo tecnico deve essere più piccolo dell'impresa che compie l'uomo, solo così c'è il gusto di condurre una barca a vela". L'ultima sua barca è il "Rikki Tikki Tavi" ed è ancorata nel porto di Casamicciola. Porta il nome della mangusta di Kipling che nei Racconti della giungla vince la sua impari lotta con il serpente cobra, come dire che la piccola imbarcazione è capace di tener testa al più furioso dei mari.
Oggi Edoardo Malagoli ha 69 anni. E stato per oltre trent'anni il protagonista della "cultura laica o liberale" nell'isola d'Ischia, schierandosi, senza tentennamenti, contro quella che Guicciardini chiamava "la scellerata tirannide dei preti" e tenendo centinaia di conferenze delle quali non ha mai provveduto a conservare memoria con qualche scritto o registrazione.
Suscitò "scandalo" negli anni '60 per il suo insegnamento laico e per i suoi metodi educativi con quel "rivoluzionario" rispetto per gli alunni ai quali dava del "lei" anzicché del "tu".
È nato in un paesino delle Marche, Offida, in provincia di Ascoli Piceno, secondo dei quattro figli di Cesare Malagoli, dottore in agraria ed enologo di fama nazionale morto nel 1981 a 99 anni, e di Ada Cervi, casalinga.
"La nostra era una famiglia laica e risorgimentale ed i valori del Risorgimento - mi dice - i nostri genitori li hanno trasmessi a noi".
Gli studi liceali a Brescia ma l'ultimo anno a Venezia per "poter scrivere una tesina in Storia dell'arte sui monumenti di Venezia" poi la Facoltà di lettere alla Statale di Milano e gli studi completati dopo gli anni di guerra trascorsi da sottufficiale negli Alpini.
A Brescia negli anni '50 Edoardo Malagoli comincia ad insegnare lettere ma inizia anche l'impegno politico nel partito liberale. "Il partito di cui Croce fu splendido presidente ed io umile operaio - mi dice - e per il quale voterò ancora anche se debbo confessare che il filone liberale, così intenso, così nobile, nel Sud si sta essiccando. I tempi di Cortese, di Compagna, che è stato per lungo tempo mio compagno di partito prima di passare nel partito repubblicano, sono passati".
A Brescia Malagoli diventa segretario cittadino del Pli e partecipa a due elezioni politiche come candidato per la Camera dei Deputati.
Dal 1952 al 1953 dirige "Il Giornale di Brescia" e collabora a "Costume", la rivista letteraria di Enrico Emmanuelli.
"Poi questa attività di insegnamento, di pubblicistica, di battaglie politiche mi produsse un senso di saturazione - continua - ed avvertii la crisi che avrebbe poi investito il mondo moderno ed avvertii un forte richiamo per la cultura meridionale che nell'Alta Italia era poco apprezzata proprio perché il Nord era dominato dallo spirito pragmatico dei lombardi e qui cade la mia conoscenza personale e poi un rapporto sempre più affettuoso con la figura del Croce. Mi trattenevo per settimane nella casa di Croce, avendo l'opportunità di conoscere quelli che erano i grandi esponenti della cultura meridionale, da Omodeo a Nicolini eppoi Guido Cortese, Epicarmo Corbino ed Alfredo Parente".
"Questa esperienza e questo contatto con gli uomini di casa Croce mi hanno reso ancora più innamorato della storia di Napoli e delle sue tradizioni per cui ad un certo punto non ho trovato di meglio che soggiornare nelle vicinanze ed avendo scoperto che ad Ischia c'era un liceo classico decisi di conciliare il lavoro con l'incanto del mare".
"Il mare è stato sempre, come dire, uno dei richiami più forti. È una dimensione metaforica, è una grande metafora della vita e francamente non saprei ancora oggi stabilire se l'uomo è per sua natura "talattico" cioè uscito dal mare o è invece un ospite della terra che però ha sempre nostalgia per il suo punto d'origine".
Gli chiedo di raccontarmi i trenta anni passati al liceo di Ischia che, mi sottolinea, "non si è mai chiamato "Giovanni Scotti"".
"Gli anni del liceo furono molto belli, molto ricchi, soprattutto il primo quindicennio fu di eccezionale attività in un clima di grande fervore, si respirava un aria creativa, quasi di pionerismo perché era una specie di "scuola itinerante" che si trasferiva ogni anno in case d'affitto, molto scomode, senza attrezzature, ma queste carenze venivano dimenticate perché c'era il piacere di questa attività, l'adesione degli studenti e c'era quindi questo incontro felice, prima di tutto sul piano umano, tra questa popolazione che proveniva da tutti gli angoli dell'Isola e gli insegnanti. C'era molto da fare. Non c'erano tradizioni scolastiche degne di questo nome. La scuola pubblica doveva farsi le ossa. Era una scuola di Stato che avrebbe dovuto assumere quelli che erano gli scopi dell'istruzione pubblica perché, almeno agli inizi, la tradizione della scuola clericale aveva introdotto nella mente dei ragazzi degli equivoci".
Quante generazioni di studenti, professore - gli chiedo - ha visto passare fra i banchi?
"Tre generazioni di studenti. I miei ex alunni oggi sono padri e madri e qualcuno è anche nonno".
Chi ricorda particolarmente, domando, fra tutti i suoi alunni?
"Ricordo Giovanni Zamboni, figura solitaria, di sangue misto, in parte tedesco in parte italiano, figura molto acuta e molto inquieta, il quale poi ha fatto parlare di sé perché è diventato un brigatista rosso e tuttora su di lui pende un mandato di cattura ed è latitante!". "Oggi avrà una cinquantina di anni. Si laureò in Germania con una tesi di storia sul comunismo albanese. Tornò con una cultura marxista molto ferrata. Ebbe un incarico all'Università di Trieste, anche su mio interessamento perché conoscevo il sindaco di Trieste! Vorrei ricordare Giorgio Vuoso di Testaccio e Franco laccarino di Casamicciola che negli anni '60 furono gli unici a chiedere l'esenzione dall'insegnamento religioso. Suscitò allora clamore e scandalo".
"Furono gli anni in cui ad Ischia operava con molta durezza, con molta autorità un vescovo, mons. Cece, con il quale ebbi degli scontri duri. Ci furono da parte sua delle denunce al Ministero della P.I., inchieste a non finire da parte degli ispettori centrali, per il mio insegnamento laico, liberale non in senso politico ma in senso storico, ed ho sperato per molto tempo che le denunce che mi piovevano addosso portassero il mio caso alla Corte Costituzionale perché era evidente la contraddizione esistente nella Carta Costituzionale tra l'art. 7 che regola i rapporti tra Stato e Chiesa e l'art. 33 che afferma che l'arte e la scienza sono libere e libero è il loro insegnamento. Avrei voluto, non per vocazione di martirio ma soltanto per amore della verità, che si chiarisse questa ambiguità che grava sulla scuola di Stato. Non fu chiarito per prudenza delle autorità scolastiche di allora. Ma furono anni duri perché c'era l'intolleranza di una certa opinione pubblica, anche se i genitori e gli alunni manifestarono sempre una forte corrente di simpatia e di solidarietà".
La domanda a questo punto dell'intervista diviene spontanea: un paragone tra l'Isola di ieri e quella di oggi e questa crescita economica straordinaria ha prodotto altrettanta crescita culturale?
"Molta acqua è passata sotto i ponti. La situazione nella scuola è cambiata. Oggi quei problemi sono stati superati. Ma direi la crescita culturale dell'Isola non c'è stata in maniera adeguata. Direi anzi che questo è uno degli aspetti più seri e vero, del ritmo di crescita dell'Isola".
"Negli anni '60 aderivo all'indirizzo culturale di Mario Pannunzio, degli amici de "il Mondo", delle grandi battaglie di Antonio Cederna sull'ambiente. Allora fui spinto ad entrare in "Italia Nostra". Nel 1962 tenemmo ad Ischia un convegno su "Paesaggio e turismo in Campania" con una relazione del prof. Corrado Beguinot e con la presenza attivissima, polemica, aggressiva, di Roberto Pane. Fu presentata la necessità di integrare il piano paesistico Calza Bini con un nuovo piano regolatore generale e data l'autorità degli intervenuti molti di quelli che divennero in seguito "progettisti" chiesero l'iscrizione ad "Italia Nostra", forse per convenienza; sta di fatto che alcuni anni dopo la sezione ischitana fu sciolta per una crisi interna e mai più ricostruita. Quel convegno rimane comunque una pagina importante se non altro perché si dica che qualche cosa si è tentato di fare per incanalare la pressione storica dello sviluppo. La figura politica dominante in quei tempi era Vincenzo Telese. Figura benemerita per tanti lati ma nello stesso tempo mi colpiva la facilità con cui il ceto imprenditoriale si era legato ai suoi progetti".
"Avvertii in questo consenso il rischio di uno sviluppo selvaggio, che si confermò chiaramente negli anni successivi. Mettevo in guardia insomma, sul "culto della personalità"".

"Ribatto che sostanzialmente da allora è cambiato poco perché anche oggi c'è un "culto delle personalità politiche"".
"Sì, oggi c'è ancora - conferma - ma oggi si profilano figure politiche emergenti in condizioni diverse. La nuova classe politica emergente è più frazionata, più figure, se vogliamo, di secondo o terzo piano. Ma sembra però che queste classi amministrative siano, in qualche modo, più spregiudicate, più ciniche, più crudeli, senza quelle doti di umanità dei vecchi personaggi della generazione passata, essendosi dilatati gli interessi sembrano dilatarsi anche gli appetiti che fanno aggio su tutto il resto".
"Uno degli aspetti che sembrano caratterizzare il clima culturale dell'Isola è che qui una vera lotta ideologica non esiste e che è stata sostituita da un arrivismo estremamente pericoloso. Qui è stato trascurato tutto un campo di elevazione sociale che invece è una componente fondamentale della effettiva crescita anche economica di un isola".

"Qui non si avverte questo aspetto fecondo che è la cultura. La scuola ischirana ha subito gli effetti negativi degli anni dal '68 al '70 ma non ha avuto le cariche positive, gli entusiasmi, che sono quelli che contano, e che possono giustificare il fervore dei moti del '68. Oggi la scuola vivacchia male. È migliorata nelle strutture esterne ma mi sembra una scuola alla deriva, senza anima educativa. Ho sofferto questa decadenza ed ho preferito ritirarmi dall'insegnamento prima del tempo massimo consentito".
Professore, chiedo, ha mai pensato di rientrare in politica a 69 anni?
"No, perché non mi riconosco doti combattive sufficientemente forti per affrontare queste battaglie che qui sono particolarmente difficili perché non si svolgono su di un piano ideologico. Ho avuto inviti ma ho capito che ciascuno deve fare quello che sente di poter fare meglio. Mi assegno il compito di un uomo ormai di una vecchia generazione che non rinuncia però a credere che certi valori devono esser tenuti vivi, che per quanto il mondo si sia accelerato nei suoi ritmi, nelle sue trasformazioni questo non significa che questi aggiornamenti continui neghino valore alle migliori tradizioni. Resto pervicacemente un umanista, ciò che è culto dell'uomo nella sua dignità, culto dell'uomo soprattutto nella conquista della libertà, che non è mai libertà da costrizioni esterne ma è libertà per qualche cosa, per l'affermazione al bello e soprattutto del proprio rispetto per l'eterno valore dell'onestà".
"Questa idea di libertà positiva e non negativa la trovo un pochino "strapazzata" dall'abuso, dall'usura di certi termini che vanno per la maggiore oggi, come per esempio la parola "democrazia". La democrazia non è mai tale se non è "aristocrazia", s'intende aristocrazia dello spirito. Sono educato a misurare in tempi lunghi le vicende, vivo nella cultura storica e non è che queste mie lamentele mi portino ad essere pessimista. L'educazione storicistica mi porta ad aver fiducia nella vita e quindi all'indulgenza, alla pazienza ma mai ai compromessi di carattere morale. Questo spiega il mio impegno nel circolo culturale "Sadoul" e l'affettuosità con la quale seguo certe iniziative come il Premio di Poesia "Ciro Coppola, per lo studente italiano" che mi sembra una iniziativa così alta, così lodevole, così esemplare che forse non ha quell'attenzione che meriterebbe".
Professore - chiedo al termine della nostra lunga chiacchierata svoltasi accanto al camino - quale sarà il futuro, secondo lei, della nostra isola?
"Il futuro è certamente affidato ad orizzonti più vasti - replica - e direi che l'Isola si dovrà "italianizzare" nel senso più alto, cioè dovrà prendere gli aspetti più positivi, più stimolanti, di cui l'Italia è capace e nello stesso tempo si dovrà "europeizzare" sempre di più, il che non significa imparare semplicemente le lingue straniere che servono per il turismo ma farsi una mentalità veramente "planetaria" il che non vuol significare uscire dal "provincialismo" o dal "paesismo", è vero, perché tanto più si è moderni tanto più si è capaci ed aperti al futuro quanto più si è fedeli osservanti e memori delle proprie tradizioni. Una modernità senza radici è una falsa modernità. L'impegno degli ischitani dovrebbe essere quello di conoscere meglio la loro lunga storia, la loro grande storia, che ha pagine ricchissime, di luce e di ombre, come ogni storia vivente, per poter meglio aprirsi alla storia in fieri che è storia europea".

Da "Il Settimanale d'Ischia", n. 43 (1-4-87) poi in "Tempi d'Ischia" 1988, pp. 26-30


Edoardo Malagoli (1918-2001) è stato docente per oltre venti anni presso il Liceo Classico "G. Scotti" di Ischia. Ha partecipato attivamente alla vita socio-culturale dell'isola fondando la sezione di "Italia Nostra" e testimoniando la sua passione civile nelle battaglie sul divorzio, l'abrogazione del Concordato, ecc.. Autore di numerosi saggi, ha pubblicato nel 1990 Appunti e spunti (Valentino Editore). I Soci della "Pro Casamicciola Terme" hanno impressa per sempre "l'affettuosità" del Professore nel seguire la nascita e la vita del Premio di Poesia "Ciro Coppola": infatti è stato Presidente della Giuria dalla prima edizione (1978) fino alla XIII Edizione 1990, continuando, poi, a seguire tale "iniziativa così alta, così lodevole, così esemplare che forse non ha quell'attenzione che meriterebbe". E' stato fondatore e presidente del Circolo G. Sadoul dal 1981.

A cura dell'Associazione "Pro Casamicciola Terme" in occasione delle manifestazioni conclusive della XXIV Edizione 2001 del Premio Internazionale di Poesia "Ciro Coppola" per lo studente italiano e dell'Unione Europea - Premio del Presidente della Repubblica.

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